Fotografia Europea 2016 - Circuito Off

Archivio di Stato, corso Cairoli n. 6 - Comune di Reggio Emilia

7 maggio - 3 luglio 2016 - Mostre

FE_2016_Locandina/Poster OFF

 

  Lun.-Ven. 9,30-14,30

   Aperture straordinarie:

  Sabato 7 maggio h. 16,30-20,00

  Domenica 8 maggio h 9,30-13,00

  Sabato 2 luglio h. 16,30-20,00

  Domenica 3 luglio h 9,30-13,00

 

Fotografia Europea 2016

XI EDIZIONE 

La via Emilia. Strade, viaggi, confini
 

L'1 febbraio del 1986 si apriva a Reggio Emilia la mostra Esplorazioni sulla via Emilia, progetto che univa fotografia, letteratura, musica e cinema intorno al tema della storica strada che va “dal fiume al mare”, interpretata attraverso una pluralità di approcci e di letture. Una mostra che si inseriva pienamente nel clima sociale e culturale di quegli anni, destinata a divenire un punto di riferimento - insieme all'appena precedente Viaggio in Italia - per la fotografia di paesaggio italiana. Un progetto che, tra le altre caratteristiche sue principali, aveva anche quella di svilupparsi in diverse città della Regione, da Reggio a Bologna fino a Rimini.

Oggi, a trent'anni di distanza da quell'evento, Fotografia Europea prende spunto dalle infinite suggestioni proposte dalla mostra e dai volumi che la accompagnavano, per avviare una riflessione per immagini sia sulla stessa via Emilia che sui concetti e sulle tematiche legate alla strada, ai luoghi di transito e di confine.

La via Emilia. Strade, viaggi, confini non intende soltanto aggiornare le immagini di trent'anni fa - comprenderà da questo punto di vista una mostra sui materiali storici e nuove committenze specifiche sulla via Emilia -, ma soprattutto evidenziare come in questi tre decenni siano cambiati tanto il mondo quanto i modi di rappresentarlo, in particolare quanto siano cambiate la pratica e la teoria fotografica, il linguaggio attraverso il quale si esprime oggi chiunque utilizzi uno strumento fotografico - le “strade” sono dunque contemporaneamente anche quelle della fotografia, i suoi confini, le sue frontiere, i suoi transiti. Il tutto nella coscienza che tale mutazione epocale - attivata dai processi di globalizzazione e digitalizzazione del mondo, e quindi anche dei modi di tentare di capirlo e rappresentarlo - può ancora trovare chiavi di lettura valide nelle riflessioni di chi ci ha preceduto, e ha provato anche a immaginare il futuro, oltre a leggere il presente.        Anonimo inglese

Due frasi di allora, tratte da due testi introduttivi del 1986, possono fungere da linee ideali della proposta di questa edizione di Fotografia Europea. La prima è di Italo Calvino, e prende spunto da un'analisi dei meccanismi della scrittura legati alla percezione e alla memoria dei luoghi: “Perciò una descrizione di paesaggio, essendo carica di temporalità, è sempre racconto: c'è un io in movimento che descrive un paesaggio in movimento, e ogni elemento del paesaggio è carico di una sua temporalità cioè della possibilità di essere descritto in un altro momento presente o futuro...”.

La seconda è di Luigi Ghirri, figura centrale nell'elaborazione del progetto Esplorazioni sulla via Emilia, capace di individuare una condizione della fotografia di straordinaria attualità: “La fotografia può essere un non marginale momento di pausa e di riflessione, un necessario momento di riattivazione dei circuiti dell'attenzione fatti saltare dalla velocità dell'esterno. Sarebbe ingenuo e sbagliato ritenere la fotografia come l'immagine statica di questo tramonto visto in un esasperato ralenti, o un modo per fermare il tempo. Penso invece che la fotografia oggi possa essere un'immagine di equilibrio o di pacificazione, tra le rappresentazioni conosciute e quelle che saranno, tra la saturazione dell'esterno e il vuoto su cui cadono sempre più spesso i nostri sguardi”.

È chiaro che tali riflessioni, di carattere universale, vanno calate in una realtà specifica, come è quella odierna, con i suoi fatti e le sue figure: come raccontare le “strade” oggi, attraverso la fotografia? Ci può ancora essere una descrizione individuale, un io che racconta un paesaggio specifico con uno specifico linguaggio? E che ruolo può avere questo racconto all'interno del racconto degli spostamenti, delle vie, delle strade nel mondo contemporaneo?

Ciò che bloccava le strade pareva abbattuto, e oggi viene ricostruito: muri, frontiere, confini. Insieme, nulla può fermare le strade digitali, i flussi di denari e informazioni che scorrono immateriali, come le immagini fotografiche condivise in tempo reale.

La strada diventa allora un testo sul quale esercitare il proprio sguardo, ghirrianamente la propria capacità di riattivare i circuiti dell'attenzione, e come pretesto, come punto di partenza, innesco di un viaggio tra memoria e attualità, tra individualità e collettività, tra identità e differenza all'interno della società interconnessa e dei suoi abitanti, spesso appartenenti a quelle “famiglie globali” di cui parla Ulrich Beck. Mantenendo vivo anche il rapporto tra immagini e scrittura che rappresenta una delle caratteristiche essenziali di Esplorazioni sulla via Emilia, dove i racconti valgono le fotografie nella definizione complessiva del progetto.

E dove si possono trovare righe come queste di Corrado Costa, esemplare esergo di questa edizione di Fotografia Europea: “La strada segna i confini, la via li taglia. La via è comune. La strada è propria. Come le parole. La lingua è comune, ma le parole sono proprie”. Dunque dalla via Emilia alle altre strade del mondo.

Mosaico

CIRCUITO OFF: una ricca offerta espositiva

Il Circuito Off è la sezione libera e indipendente di Fotografia Europea che nasce dalla spontanea iniziativa delle persone. Dalla prima edizione del 2007 il circuito si è ampliato significativamente, arrivando a coinvolgere tutto il tessuto urbano grazie alla partecipazione di privati e istituzioni pubbliche che organizzano autonomamente mostre ed eventi nella provincia di Reggio Emilia.

Da qualche anno il circuito Off si è ampliato grazie alla rete: nella sezione Portfolio Online è possibile dare un personale contributo alle riflessioni sul tema dell’edizione con una mostra online, un portfolio di 5 immagini visitabile nella sezione dedicata del sito.

L’Off è certamente uno dei tratti distintivi della manifestazione. Grazie ad esso Fotografia Europea afferma sempre più la sua immagine di rassegna partecipata, capace di dialogare con i cittadini per sviluppare insieme a loro un percorso di valorizzazione dell’arte, della fotografia e degli spazi anche meno noti della città e della provincia.

Daniele Buraia: «1839 – 1899. I miei primi sessant'anni, la Fotografia»

Gruppi di famiglia da tramandare ai posteri, interni di una borghesia all’apogeo, lunghe pose in studio, reportage ante litteram, scorci di città che sarebbero diventate cartoline, ritratti austeri e commoventi,Nord America cappelli piumati, carte de visite, monumenti e rovine, squarci esotici, cerimonie e autorità, orientalismi freak, il portento del colore…

La fotografia nei primi decenni dalla sua invenzione – dagli anni ‘40 al termine del XIX secolo – compie balzi prodigiosi nella ridefinizione del mondo. E lo fa anche grazie a tecniche poi cadute in disuso dai nomi immaginifici: ferrotipo, albumina, stampa al carbone, woodburytipia, cianotipia, crystoleum. Come se il fotografo fosse un alchimista alle prese con la chimica, il tempo e le leggi segrete del creato.

La mostra “1839-1899, i miei primi sessant’anni, la Fotografia”, una delle maggiori attrazioni del circuito O, è un viaggio in questa straordinaria evoluzione realizzato a partire dalla collezione del fotografo ferrarese Daniele Buraia.  

Un allestimento di questo tipo testimonia dell’attrazione esercitata da queste immagini invecchiate dal tempo e circondate da quell’aura di cui scriveva Walter Benjamin. Esse evocano, al contempo, Fratelli Alinaril’avventuroso “destino” di appassionati e collezionisti, pronti a passare al setaccio mercatini, solai, bauli alla ricerca di un nuovo pezzo, magari di un volto che ci guarda da un’epoca remota e che, nonostante la lontananza, racchiude ancora la vitalità e la presenza dell’attimo.

Il fulcro della mostra ruota intorno agli anni dell’Unità d’Italia, nei quali una borghesia in ascesa affidava all’obiettivo speranze e timori, ottimismo e turbamento. La bellezza formale di molti scatti, le qualità pittoriche, la finezza della messa in scena rendono uniche queste opere senza autore, memoria collettiva di più generazioni. Il contrasto tra la novità che la fotografia rappresentava nel momento in cui era stata scattata e il corso della storia che la distanzia da noi costituisce per lo spettatore di oggi un singolare motivo di fascino.Le due torri 

L’esposizione assume un interesse particolare per la sede che la ospita, lo storico palazzo dell’Archivio di Stato, un tesoro al centro della città. È un luogo dalla lunga vicenda iniziata prima del XVI secolo, proseguita con gli interventi dei Duchi d’Este, caratterizzata da successivi passaggi tra ordini ecclesiastici e commercianti ebraici. Un percorso nella storia in dialogo ideale con la grande varietà di immagini esposte.

«Sessant’anni sono una parte consistente di storia, soprattutto se pensiamo alla storia delle immagini, nella quale, a partire dai primi decenni del XIX secolo, si inserisce prepotentemente la fotografia.

Fotografia ParigiLe espressioni dei personaggi che nei ritratti qui esposti, si tratti di figure note o anonime, vediamo posare pazientemente per il fotografo testimoniano di una consapevolezza e di una volontà precisa: quella di lasciare una traccia in una storia, di inserirsi nella stesura di un racconto, quello che noi, oggi, siamo qui a leggere.

La storia è quella della fotografia, certo, della sua evoluzione tecnica, del suo espandersi in territori sempre più vasti, del suo uscire dagli atelier per esplorare i monumenti, le città, per documentare paesi e culture sempre più lontani. Ecco allora che - anche grazie ai puntuali interventi del collezionista, che individua soggetti, autori e contesti di provenienza degli esemplari – ci ritroviamo coinvolti in un viaggio, un po’ come coloro che, nel secolo del Grand tour, percorrevano l’Europa spingendosi a volte fino all’oriente, vicino e lontano, per espandere la propria esperienza e conoscenza.

Un viaggio che prevedeva soste e capitoli di approfondimento, come qui accade per la città di Ferrara, e l’insistenza su alcuni specifici territori geografici e culturali, naturalmente l’Italia pre e immediatamente post-unitaria, della quale in quei decenni era tanto importante ridisegnare, anche attraverso la fotografia, il profiloAdelaide Ristori soprattutto con la documentazione del patrimonio artistico e architettonico ma anche con la rappresentazione, lo vediamo nelle cartes de visite, dei suoi abitanti, che si tratti di esponenti della famiglia reale, di noti artisti (ma Adelaide Ristori, lo ricordiamo, ha segnato la storia d’Italia lavorando non solo sulla scena teatrale) o di contadine in costume tradizionale.

Ritroviamo, in questa mostra, la fotografia che dichiara le sue parentele con altre forme d’arte, che cita la pittura ma anche il teatro - basti notare i fondali dipinti utilizzati nei ritratti di studio - ma anche che rappresenta se stessa come scrittura peculiare, che marca territori di impiego specifico, come accade per il ritratto moltiplicato nelle composizioni in Fontana di Mosèformato carte de visite.

Da questo percorso emerge dunque un quadro, una rappresentazione firmata da tanti ‘autori’: dai fotografi, sicuramente, dai soggetti rappresentati, che si collocavano sulla scena secondo il loro immaginario e la loro cultura, e ancora da chi quelle immagini le ha a suo tempo acquistate, per inserirle in raccolte e album dei quali oggi possiamo solo ipotizzare l’aspetto originario. Infine, da chi oggi ha composto questa raccolta e disegnato questa esposizione, regalando a questi oggetti nuovi ed inediti significati.»

Claudia Cavatorta


as-re@beniculturali.it

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