Via Emilia: la svolta razionalista

Archivio di Stato di Reggio Emilia, corso Cairoli n. 6

4 dicembre 2017 - 28 febbraio 2018 - Mostre

Via Emilia_Locandina

  

 

Lun. - Ven.: h. 10,00 - 13,00

    

  

  

   

Con la caduta dell'Ancien Régime ducale e la nascita delle repubbliche napoleoniche i fermenti illuministici, già ben presenti nella Reggio della seconda metà del sec. XVIII, ebbero modo di manifestarsi apertamente sottoponendo ad un'attenta e implacabile critica tutte le strutture ereditate, sia politiche che sociali compreso l'assetto urbanistico che, con le sue stratificazioni temporali, aveva fatto di Reggio la città che era.Palazzo della Finanza

Il tratto della via Emilia a Porta s. Pietro era caratterizzato dalla presenza di portici anche sul lato settentrionale; questa tipologia costruttiva si era sviluppata nel corso dei secoli e aveva accolto botteghe, palazzi, abitazioni modeste, insomma si era determinata secondo le esigenze del tessuto sociale.

Venne attaccato proprio questo tipo di sviluppo privo di qualsiasi organicità e pianificazione, e con esso le sue inevitabili conseguenze: un assetto urbanistico irrazionale, privo di funzionalità e di Chiesa di s. Paolocaratteristiche igieniche per la popolazione.

Compiendo una valutazione totalmente negativa dell'impianto costruttivo, di quello artistico e stilistico proveniente dal passato, si pervenne alla soluzione di «razionalizzare» la principale arteria cittadina demolendo quanto meno i portici e tutta la soprastante cortina edilizia esistente sul lato settentrionale, realizzando così un ampliamento e una rettifica del tracciato della via e conferendo unità stilistica al tutto con nuove facciate degli edifici, disegnate seguendo i criteri della semplicità e della simmetria eliminando ogni orpello e ispirandosi Arco del Folloall'architettura classicheggiante che si affermava anche nella altre città. Così ad esempio, nel tratto fra la chiesa di s. Pietro e la porta omonima, formato tutto da casette assai modeste, l'architetto Marchelli progettò un'unica facciata simmetrica rispetto ad un asse centrale rappresentato dall'arco che apre ancora oggi via del Follo.

Non bisogna trascurare le motivazioni di ordine pubblico e sociale che spinsero la Commissione d'ornato a deliberare l'attuazione di un simile progetto: con questi ingenti lavori pubblici si provvedeva ad occupare nell'edilizia il maggior numero possibile di addetti, scelti tra i poveri della città, prima che questa massa di diseredati desse luogo a disordini pericolosi per strutture politiche e Casa Bongiovanniamministrative appena costituitesi.

Naturalmente fu cancellata ogni traccia del precedente assetto urbano, e l'unica documentazione che permetta di conoscere quale fosse l'aspetto delle case prospicienti la via Emilia alla fine del sec. XVIII è costituita proprio dai disegni dell'architetto comunale Domenico Marchelli, cui fu affidato l'incarico dell'intera operazione e che ne fu effettivamente l'abile artefice.

L'opera, iniziata nel 1797, fu condotta sui suoi progetti prima nel tratto compreso tra Porta s. Pietro e la chiesa omonima e in un secondo tempo da questa al convento di s. Tommaso; si concluse nel 1821.Casa Gradellini

Vale la pena aggiungere che l'operazione di restyling degli edifici prospicienti l'intera via Emilia, al fine di conferire ad essi un aspetto di solennità e decoro classicheggianti, fu proseguito anche oltre la metà del sec. XIX dal figlio di Domenico Marchelli: l'architetto Pietro.Gabella s. Stefano

  

BIBLIOGRAFIA

- Giuliano Cervi, Walter Baricchi, L'abbattimento dei portici di San Pietro, in «Reggio storia», n. 6 set/dic. 1979. Reggio Emilia, Tipolitografia Emiliana; pp. 30-33.

 - Vittorio Nironi, Le case di Reggio nell'Emilia nel Settecento. Reggio Emilia, Bizzocchi, 1978.

    

    

  

  

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