Misurare, calcolare, disegnare: il bello della geometria

Archivio di Stato di Reggio Emilia, corso Cairoli n. 6

7 maggio - 3 luglio 2016 - Mostre

Locandina_2016_Cartografia

 

   Lun.-Ven. 9,30-14,30

   Aperture straordinarie:

   Sabato 7 maggio h. 16,30-20,00

   Domenica 8 maggio h 9,30-13,00

   Sabato 2 luglio h. 16,30-20,00

   Domenica 3 luglio h 9,30-13,00

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Uno sguardo particolare sulla cartografia reggiana


Figure professionali come i periti agrimensori non sono mai venute meno; hanno subito qualche eclisse in tempi storici particolarmente perturbati, ma appena possibile sono ricomparse visto che i Romani avevano così ben insegnato che la delimitazione e la confinazione dei fondi era una delle basi imprescindibili di ogni consorzio civile. Nella grande regione padana un’altra grande protagonista Cabreo Melli 1608contendeva alla terra l’interesse della rappresentazione cartografica: l’acqua, il cardine, il motore mobilissimo di ogni umana attività agricola o artigianale, via di comunicazione primaria e imprescindibile, di cui le strade terrestri seguono il corso sinuoso o regolare che sia, con l’unica eccezione della via Emilia.

         A lungo le rappresentazioni cartografiche reggiane hanno raffigurato un territorio anfibio: acque, terre, insediamenti umani, edifici per abitazione e attività lavorative, a volte città, anch’esse con la loro canalizzazione.

Tutta questa cartografia nasce dalla combinazione di precise cognizioni geometriche e prospettiche e le piante offrono, dell’oggetto raffigurato, una visione panoramica a volo d’uccello, cioè il suolo è visto sotto un angolo visuale obliquo a 45° convenzionalmente rivolto verso Sud. In questo modo la terza dimensione acquista risalto e ogni elemento del territorio conserva la sua fisionomia. Quel che ne risulta descrive il fondo, ne mostra tutte le caratteristiche, lo rende riconoscibile, lo individua come luogo, cioè come «... quella porzione della faccia della Terra irriducibile a qualsiasi altra, ...(1)».

Cabreo Zambelli-ManodoriIl disegno del luogo deve dunque riprodurre tutta la complessità dei suoi componenti: acque e terra innanzitutto, e poi, all’evenienza, abitazioni, mulini, chiaviche, osterie, paesi e non basta ancora, perché se i terreni sono ad uso agricolo, si devono «descrivere» i diversi tipi di coltivazioni, e se si è in presenza di un appezzamento arborato bisogna distinguere le varie essenze arboree. Il mondo animale, è vero, non trova posto nella pianta vera e propria, ma si riesce a colmare la lacuna con i capilettera delle intestazioni, fittamente popolati di uccelli e serpenti di ogni sorta, ma anche di prati in fiore e alberi ornamentali mossi dal vento. Insomma, è il territorio vivo e mobile che si piega, con artifici geometrici, a essere rappresentato a due dimensioni su un piano che è tuttavia ancora suolo. 

Cabreo S. ProsperoLa cartografia reggiana ancora sul finire del sec. XVIII è caratterizzata da una tipologia altrove già abbandonata. Tale persistenza fu favorita anche dal fatto che la «Rinnovazione dell'Estimo estense», disposta nel 1788 e completata all'inizio del 1792, non previde la contestuale realizzazione di mappe particellari, ma tutt'attorno al ducato le cose stavano rapidamente evolvendo: si formarono catasti non più descrittivi ma geometrico-particellari.

Le mappe catastali, con le loro particelle, evidenziavano il consolidamento di un processo politico che nel sec. XVIII è giunto a compimento: lo stato assoluto si è consolidato e la sua amministrazione degli Cabreo Ritiro Dameuomini e delle cose è regolata da strutture centralizzate e uniformi. Ai fini catastali, e cioè ai fini dell’imposizione diretta, interessa unicamente la quantità, qualità e classe degli appezzamenti di terreno, e quindi un luogo è rappresentato come composto di tante forme geometricamente disegnate secondo i propri confini, e colorate secondo le caratteristiche suddette. Naturalmente sparisce la visione a volo d’uccello e si afferma quella zenitale, cioè quella dall’alto, da un piano orizzontale la cui altezza rispetto ai piani su cui si trovano gli oggetti sottostanti deve essere definita e univoca.

Visti così, privati di ogni loro caratteristica, avulsi quasi dal suolo vero e proprio, poggiati sul piano matematico degli ingegneri, i luoghi sono divenuti spazi, e cioè: «... la superficie terrestre composta di parti l’un l’altra assolutamente equivalenti perché sottomesse alla stessa generale misura (2).».

Cabreo SS. Pietro e MatteoIl cabreo di Domenico Catellani (3), della Iª metà del 1800, reca già le tracce delle trasformazioni intervenute. La lezione dei vecchi maestri tuttavia non era ancora andata persa. Ancora ogni appezzamento è rappresentato due volte: la prima in forma acquerellata, a volo d’uccello, e con le eventuali piantagioni di alberi, ognuno con la relativa ombra; la seconda in figura puramente geometrica con le misure, e qui la visione è zenitale e la somiglianza con le particelle catastali è evidente.

I pochi edifici presenti sono dettagliati in prospettiva, e se non sono più proponibili gli animali e i fiori che occhieggiano dai capilettera non c’è che un modo: reintrodurre tutti questi elementi decontestualizzandoli dalla pianta vera e propria e ponendoli al centro o ai margini delle pagine in splendidi acquerelli, per lo più chiaroscuri, tanto per ricordare che quelle figure geometriche che erano diventati i terreni erano pur sempre i luoghi di animali, alberi, pioggia, vento, case e di uomini che coltivavano e misuravano quegli appezzamenti con gli attrezzi del proprio mestiere. Cabreo SS. Pietro e Matteo Luna


(1) Farinelli Franco, La mappa e la sintassi: l'esemplarità del territorio reggiano, in: Provincia di Reggio Emilia, Paesaggi di provincia. Cartografia e sintassi del territorio reggiano; a cura di F. Farinelli e E. Cavazza (Biennale del paesaggio). Reggio Emilia, 11 novembre-8 dicembre 2006. Bologna, Damiani, 2006; p. 71.

(2) Farinelli Franco, La mappa e la sintassi ... cit; p. 71.

(3) AS RE, OO. PP., Ospedale dei SS. Pietro e Matteo o dei Bastardini, n. 14 Mappe e piante, n. 2 «Possessioni e terre ragioni del Pio luogo de' Santi Pietro, e Matteo detto de' Bastardini ...», di Domenico Catellani, sec XIX.

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